Da La Gazzetta del Mezzogiorno del 01.06.2009
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Suicidi di giovani parlarne o non parlarne?
di DANILO QUINTO
OPINIONISTA POLITICO
I dati sono drammatici: ogni anno, nel mondo, ci sono un milione di suicidi; in Italia, il suicidio è la seconda causa di morte per i maschi tra i 15 e i 24 anni – dice l’Istat – che nel 2006 ha effettuato una ricerca su un campione di intervistati delle scuole secondarie superiori, dalla quale è emerso che il 12% degli intervistati afferma di pensare al suicidio e il 10% di essersi fatto intenzionalmente del male o aver tentato il suicidio.
Viviamo un tempo nel quale si consuma tutto. La vita e la morte. In un battibaleno. E tutto viene amplificato ed enfatizzato dagli organi d’informazione – soprattutto quelli di nuova generazione – che diffondono a tempo reale, a volte senza pensarci troppo su, quello che avviene. Ci si appella, in questi casi, al diritto di cronaca, come se prima o accanto ad un qualsiasi diritto non vi sia un dovere. In questo caso, quello di preservare altri dall’emulazione di atti di suicidio o, comunque, di non concorrere a diffondere in maniera incontrollata casi di violenza nei confronti di se stessi o di altri.
Non si tratta di autocensurarsi. Si tratta di riconoscere che esiste un bene primario, quello del rispetto della vita, propria e altrui ed anche il giornalista – sia esso laico o cattolico – ha il compito di discernere le notizie da divulgare e in un certo senso da propagandare.
C’è anche da considerare che nella nostra società esiste un’emer – genza principale, che è quella educativa. Masse enormi di giovani e giovanissimi perseguono modelli «disinvolti»: ne sono testimonianza l’uso e l’abuso di sostanze stupefacenti e di alcol, che sono i canali «naturali» della «sperimentazione» mortifera della società in cui viviamo. Il togliersi la vita, in questo contesto, è considerato un atto «ordinario». Di cronaca, appunto.
Poi, ci sono casi inquietanti. Come quello delle settimane scorse, nelle quali ampio è stato il risalto della morte per suicidio di una femminista e scrittrice italiana, che il suicidio l’ha preparato e «studiato». Il risalto si è concentrato sull’esaltazione delle ragioni per il suicidio di questa persona, intese come massima forme di libertà. Come se il suicidio medicalmente assistito – di questo si tratta – fosse un traguardo di civiltà. C’è chi ha scritto «ho ammirato il suo coraggio»; altri che si è trattato di una morte «eroica». Si può, si deve trattare il suicidio in questa maniera?
«Diritto di cronaca e deontologia: il rispetto dei soggetti deboli protagonisti e fruitori dell’informazione»: sarà questo il tema dell’in – contro promosso dall’UCSI Puglia venerdì 12 giugno 2009, alle ore 17.30, in Via Palazzo di Città, 5, a Bari. Insieme al presidente dell’UCSI Puglia, Enzo Quarto, dibatteranno sul tema: Vito Scalera, consigliere Corte di Cassazione; Francesca De Giglio, psichiatra Policlinico di Bari; Maria Laura Basso, presidente Unione giuristi cattolici italiani, sez.Bari; Pasquale Laselva, pres. Ass. psicologi psichiatri cattolici Puglia; Paola Laforgia, pres. Ordine dei giornalisti Puglia; don Carlo Cinquepalmi, resp. Comunicazioni sociali Diocesi Bari-Bitonto.