E’ impressionante l’incremento degli atti di violenza sulle donne in questi ultimi anni. Il quotidiano Avvenire chiede al prof. Tonino Cantelmi da dove iniziare per interrompere questa deriva di violenza. Secondo Cantelmi inanzitutto servono più strutture dedicate all’ascolto, la prevenzione, unica strada.
“La strada indicata dal ministro Idem e I’unica percorribile: dobbiamo puntare tutto sulla prevenzione”. Sostegno all’iniziativa del titolare del dicastero delle Pari opportunità, arriva dallo psichiatra Tonino Cantelmi, docente di psicopatologia all’Università Gregoriana di Roma.
“Per attuare il programma indicato dal ministro – aggiunge servono però strutture adeguate”.
Sotto questo aspetto, qual è oggi la situazione?
“Non molto buona. Mancano servizi e sportelli psichiatrici adeguati a fronteggiare il fenomeno”.
Che cosa servirebbe, nello specifico?
“Servizi pubblici di salute mentale più capillarmente diffusi sul territorio, con operatori in grado di intervenire perchè capaci di intercettare il grido d’aiuto delle vittime e di chi vive loro accanto. Altrimenti, l’unica possibilità e sporgere denuncia. Ma poi, come racconta la cronaca, in molti casi tutto finisce li”.
Come si spiega l’incremento degli episodi di violenza sulle donne in questi ultimi mesi?
“In parte con I’aumento esponenziale dell’aggressività nella nostra società. Siamo sempre più abituati a “tecnomediare” i rapporti e sempre meno abili nella gestione di relazioni vere e reali. In particolare, gli uomini fanno fatica a gestire la frustrazione relazionale e il rifiuto. Lo vediamo soprattutto nei casi di omicidio – suicidio, messi in atto da chi, in modo perverso, ricerca l’eternità di un rapporto ormai finito, arrivando a uccidere chi diceva di amare”.
Tanti episodi in pochi giorni: esiste una sorta di effetto emulazione?
“Direi di no. Nella violenza sulle donne non c’e questo aspetto che, invece, riscontriamo, per esempio nei casi di suicidio”.
Da dove si deve cominciare per interrompere questa deriva di violenza?
“Riscoprendo, a tutti i livelli, la bellezza di relazioni interpersonali vere. E imparando ad ascoltare i segnali di sofferenza e disagio che non siamo più capaci di cogliere e interpretare. Il femminicidio non e originato da un raptus di follia, ma da una catena di eventi che la comunità, attraverso le proprie strutture, deve essere in grado di intercettare. Solo così si può fare vera prevenzione”.
Fonte: Avvenire del 05/05/2013