“Dall’abito portafortuna, che diventa una sorta di ‘divisa’ in occasione degli esami, fino al cornetto da appendere al portachiavi, o alla lettura delle carte. Il pensiero magico è diffuso fra gli italiani, che nel 90% dei casi vi ricorrono per controllare l’ansia e cercare di gestire gli imprevisti. Ma talvolta il ‘responso’ di maghi o cartomanti, o il legame con il portafortuna del cuore, finisce per diventare un’ossessione: è il caso del 2-3% degli italiani, 1,8 milioni di persone, ‘schiavi’ di rituali e oggetti-feticcio tanto importati da influenzare la propria vita”. Parola dello psichiatra Tonino Cantelmi, docente di Psicologia dello sviluppo all’università Lumsa di Roma, secondo cui “in tempo di crisi il fenomeno aumenta”. “E questo – spiega l’esperto all’Adnkronos Salute – perché in un periodo di forte incertezza economica cresce la ricerca di sicurezza, di qualsiasi cosa in grado di offrire una speranza, una luce nei momenti bui. Così si sogna la svolta, magari con una vincita al gioco, e si rispettano rituali a cui si attribuisce il potere di influire sulla realtà. Il pensiero magico, infatti – dice l’esperto – è la convinzione che alcuni oggetti o determinate circostanze possano influire sul nostro destino”. Ebbene, il nostro è in generale un popolo scaramantico. “Per fortuna si tratta nella stragrande maggioranza dei casi di forme ‘benigne’: tutti abbiamo un portafortuna, un talismano, un oggetto che usiamo per controllare l’ansia. E sono davvero poche le persone che non gettano uno sguardo all’oroscopo – dice Cantelmi – magari alla vigilia di un evento importante. Il problema scatta quando questi riti finiscono per modificare il nostro comportamento”. E’ il caso “di una celebre donna di spettacolo – riferisce lo psichiatra – che prima di qualsiasi decisione di lavoro o d’amore doveva consultare una serie di cartomanti, finendo per rinunciare a occasioni professionali anche importanti. In questo caso la superstizione, da ‘alleata’ per superare gli imprevisti o chiave di lettura per interpretare eventi o circostanze, è diventata una vera ossessione”. E a fare la differenza non è, secondo lo psichiatra, la cultura. “La superstizione è democratica, come mostra la storia di professionisti, imprenditori o capitani d’azienda che si affidano a guru, maghi e cartomanti. Un atteggiamento trasversale, che affonda la sua radice nel bisogno irriducibile di controllare e di dare un senso alla realtà”.
Dal ferro di cavallo al cornetto scacciaguai, fino ai tarocchi e agli oroscopi, “i giovani della generazione social non sono affatto immuni alla superstizione. Ma, certo, chi ha un atteggiamento più spavaldo in genere si lascia meno controllare da questi talismani. Nella mia esperienza, invece, le donne sono più sofisticate nella scelta del portafortuna”. In generale, poi, “bisogna essere un po’ ossessivi al contrario per non guardare mai, nemmeno di sfuggita, il proprio oroscopo: un ‘rito’ che accompagna la giornata di moltissimi italiani. Che magari ufficialmente non ci credono, ma poi però ‘non si sa mai”.
Fonte: Adnkronos del 02 settembre 2014